Intro
“Non vediamoci. Vorrei fare l’amore con te, ma tu non lo sai, e a me fare l’amore fa ancora un po’ paura.”
Le avrei voluto scrivere queste parole prima di ritornare a casa. Ma mi mancava il coraggio, e così ho deciso di lasciarle qua, nella speranza che arrivino dove devono arrivare. Magari a lei, o chissà, magari da nessuna parte.
13 a tavola
“External validations”, aveva risposto Justine senza pensarci troppo. Non pensavo la prendesse così sul serio. Mi piace.
Eravamo tutti attorno al tavolo. Tutti e 13, anche se in 13 porta male. 12 americani e un italiano, io, presso la Tenuta di Spannocchia, un podere toscano del 1225. Tutti e 13, per la prima volta senza la musica a fare da sfondo, occupati con un bicchiere di Calimocho in una mano e un salume dei nostri norcini nell’altra.
“Which is your worst addiction?”, mi sono poi intrufolato tra i vari discorsi rivolgendomi a Justine che, seduta alla mia destra, aveva appena finito di riempirsi un altro bicchiere di vino rosso e Coca Cola.
“My worst addiction?”, ripeté lei, mostrandosi tanto sorpresa quanto interessata. Qualcosa in lei faceva intendere che non la voleva sprecare quella domanda.
E mentre tutti gli altri riempivano i silenzi con parole che quella sera facevo più fatica a comprendere, Justine accennava un gesto, come di una risposta impulsiva, facile, forse sommaria, che la mano sinistra poi, sollevata davanti alla bocca, avrebbe interrotto bruscamente per restituirle indietro un po’ di tempo, e fare di quella domanda un ponte, ancora più che un’occasione.
“External validations”, aveva poi interrotto l’attesa attirando su di sé l’attenzione della distratta tavolata.
“Grazie”, ho pensato, “qua si va in profondità”.
Con naturalezza, la stessa domanda era così passata da Justine, a turno, alle altre 12 persone sedute attorno al tavolo quadrato, forse un po’ troppo piccolo per ospitare contemporaneamente la fame ed il gusto degli 11 destrorsi e 2 mancini, inquilini di quella casa.
“Finding too much comfort in sadness”, avrebbe allora risposto Maci.
“Weed”, Nicole, senza vergogna.
“Comparison”, avrebbe quasi bisbigliato Cooper, subito interrotto da me, che mi tenevo stretto il confronto come mia peggiore dipendenza e che, essendone drammaticamente affetto, non avevo esitato al paragonarmi agli altri, ricercando sensibilità e originalità nella risposta: entrambe consumate da quell’anticipazione non prevista.
“Thinking about myself”, provando a riprendere il giro Jacob.
“Wendy’s 4×4”, Mateo. Anche se tutti sapevamo che dietro quella battuta c’era dell’altro, forse proprio la sua peggiore dipendenza.
“Being unique”, avrebbe concluso infine Trevor ormai senza alcun risentimento.
“Oh siamo tutti umani”, è stato il mio primo pensiero al termine di quel giro di confessioni, “guarda quanta vita che c’è dietro la scorza dei comportamenti e del relazionarsi. In fondo siamo tutto sullo stesso minuscolo pezzo di universo ad ergerci, in un modo o nell’altro, a ruolo, che sia esso la vittima, l’originale, il cool guy… tutti assuefatti dalla nostra peggiore dipendenza, tutti e 26 attorno ad un tavolo: la persona ed il personaggio.”