E poi c’è la gente.
Hopeland è fatta di gente.
Di gente che ti lascia dei bigliettini sullo scaffale per ricordarti di quanto “you are doing good!”.
Di gente che gioca e che ama farlo.
Di gente che balla e che non si vergogna di mostrare il proprio corpo contorcersi al ritmo interno del proprio battito.
Hopeland è fatta di gente che corre e urla tra gli ulivi. Perché oggi è stata una giornata faticosa e allora vale prendersela un po’ con un qualcuno lassù, o quaggiù, o chissà dove… noi intanto si urla, così ci sente.
“Cazzo che figata!” PT1
Mentre quelli di Liveloula ci raccontavano di cose molto interessanti tipo lo studio del landscape, la pacciamatura di foglie d’ulivo secche, la differenza tra quadripode e quadripode, io osservavo le mani di Steven, uno dei fondatori dell’associazione, e sorridente dal di dentro, pensavo: “Cazzo che figata!”.
Distrattamente poi, raccolsi quello stesso entusiasmo e lo gettai prima nella carriola con la quale trasportavo pietre dal round building (in alto) al lower garden (in basso); poi in cucina, usando la finestra come mezzo per nascondermi e scrutare quella ventina abbondante di persone, tra amici, volontari, cameramen and cameragirls, Steven e la sua compagna Chenny, Emile; ed infine nel van a fare la spesa, perché la fuga, in fondo, era il mio modo preferito di stare al mondo.
“I wanna learn about permaculture and sustainable ways of co-living with nature.”, avevo detto a Vero il giorno del nostro colloquio conoscitivo.
Ecco, i giorni in cui avrei potuto, mi ero coscientemente messo a trasportare pietre e cartoni di latte.
Poi, dopo tre giorni di Liveloula ecco il venerdì, sotto la quercia a raccontarci quanto siamo grati e felici e connessi e grati e felici.
“Cazzo che figata!” PT2
Il weekend era passato in silenzio: il silenzio più bello del mondo. Perché praticamente tutti se ne erano andati a Fougaro Art Center, tutti tranne Emile, e quindi anche io.
Giusto un’uscita veloce col van per mettere in discussione i valori del posto e riempire gli zaini prima, e gli stomaci poi, di alcool di bassa, bassissima qualità.
Nel supermercato tutto luci al neon, Emile, che sapeva quello che stava facendo, mi aveva preso per mano.
Se solo Omero l’avesse visto avrebbe sicuramente scritto di lui.
Io che per mano con una ragazza c’ero stato appena, ma con un ragazzo mai. E allora prima un Sussulto, un Sospetto e poi un Sospiro, o qualsiasi altra Sensazione che iniziasse per “S”. Infine un Sorriso dal di dentro, come quello che mi era venuto con Steven di Liveluola, e le solite tre parole: “Cazzo che figata!”.
Scopro poi che l’alcool e il silenzio sono due ottimi ingredienti per due che hanno voglia di scoprirsi. E allora Aguas dei Perotà Chingò. E allora.