“Tu cosa vuoi fare nella vita?”, sapevo, anzi temevo che sarebbe stata una domanda sciocca, o per lo meno non adatta al destinatario in questione, ma avevo bisogno di riempirlo quel silenzio. I pensieri mi avrebbero portato in un luogo di troppo dolore.
“Io? Io vorrei contribuire.”, e anche se stavo guidando ero sicuro che Turi stesse sorridendo in quel momento, mentre mi dava quella risposta, come fosse la risposta di tutti.
“Contribuire. E’ bellissimo. Wow.”
Avrei potuto aggiungere un altro centinaio di aggettivi per dare forma al mio stupore misto a meraviglia ma, dall’angolo della strada, la cima della montagna innevata aveva deciso di affacciarsi senza preavviso.
“Eccola! La montagna!”
Nessuna risposta. Le due mani sul petto e di nuovo, un sorriso.
Tempo presente
Non mi manca niente.
C’è un bel sole.
Ci sono le api, le vespe e tutti quegli insetti che fanno rumore.
Ci sono io che, seduto sotto quel bel sole, scrivo. E lo faccio con tratto curato e parole sospese.
Vado piano.
Per lo più in silenzio.
Muovo con frenesia il piede destro. Cos’è che mi turba?
Matilde ci è ricascata e si è andata a prendere un’altra fetta di pane col burro di arachidi.
Osservo: in primo piano c’è la mia tazza di metallo. Non vedo dentro ma so che al suo interno c’è del fondo di caffè, quello greco che mi piace. Un paio di spanne più in là, leggermente a destra, c’è un piatto, lì per tenere insieme una pera e un coltello.
Ho preso una pausa. Ho mangiato la pera: ora il piatto con solo più il coltello e i rimasugli di pera è in primo piano, mentre la tazza di metallo si è fatta spostare un po’ più indietro.
Ho appena salutato Gonzalo.
Ho appena pensato agli avanzi di Pasqua, stasera, al bar da Kostantina.
Ho aperto gli occhi e ho visto Cannella: “saprà che sono qua?”, mi sono chiesto.
Matilde è tornata: ancora una volta i nostri sguardi non si sono incrociati.
Sento rumore di piatti: c’è qualcuno in cucina, qualcuno di umano che si va ad aggiungere a Connor, il gatto.
Alle mie spalle, sulla destra, lavanda, poi un fiore che non conosco, calendula.
Ah no. Quella alle mie spalle è rosmarino.
Continuando il giro, di fronte a me, una pianta facile che mi vergogno nel non saper identificare: timo? Forse.
Questo ronzio di ali che sbattono riempie il silenzio e da esso si fa inglobare.
E’ tutto silenzio, anche questo rumore.