“Vado a dormire Jacopo, sono esausta.”
Aveva dovuto ripeterlo almeno due volte Turi, dopo che aveva staccato le sue mani dalla mia schiena, facendo di quel massaggio un Caronte traghettatore verso il mondo dei sogni.
“Jacopo, vado a dormire.”
Avevo aperto gli occhi chiedendomi se mi fossi addormentato. Qualche istante per capire chi, dove e cosa fossi: “Certo Turi, grazie. Buonanotte.”
“Solo una cosa: sei potente Jacopo. C’è qualcosa di forte in te. Ti prego, lasciati esplodere.”
“Lasciati esplodere.”, osai ripetere e per un istante tutto il creato sembrava avere un senso.
Per dirsi maschio
Ho conosciuto Greta mentre ballavo fregandomene di tutto ciò di cui ero solito interrogarmi.
L’ho conosciuta mentre ballavo da solo, davanti alla dj, non curante dello spazio che il mio corpo occupava con autorevolezza. Lei vestita di nero e il naso piccolo piccolo. Io un gran figo col naso gobbo e pasticcione.
Proprio come una canzone di Samuele Bersani.
Abbiamo continuato a ballare insieme trasformando sguardi fugaci in sorrisi dei quali entrambi non sapevamo che farcene. Allora meglio riempirsi di nuovo il bicchiere e con la scusa scambiarsi le prime parole.
Greta. Milano. 26. Eventi. Techno. Gin tonic.
Queste le informazioni che la memoria aveva stipato in magazzino. Tutto il resto, purtroppo, sarebbe rimasto un volatile suono della voce che sarebbe ritornato sotto forma di Déjà-vù 30 anni dopo, con in braccio il figlio di mia sorella, nella casa in campagna che ho sempre sognato.
Serata. Notte. Insieme. Con la promessa di rivedersi il weekend successivo, quando lei sarebbe tornata a Torino da Milano, la città dove attualmente vive.
Il weekend è passato e io Greta non l’ho vista. Anzi, ho deliberatamente voluto non vederla.
Non volevo giocare sull’intenzione, lasciarmi muovere da un’attitudine. Non volevo che andare a casa sua, di notte, dopo i nostri diversi sabato sera, colmi di bicchieri e di folate d’entusiasmi significasse solo ed esclusivamente scopare. Non volevo. Eppure lo pensavo. Eccola l’intenzione. Ecco l’attitudine dalla quale mi volevo liberare.
Dov’è la persona se ad essa viene sovrapposto un significato?
Dov’è Greta se il suo significato è un corpo che il mio ego avrebbe usato per dirsi maschio?
Così sabato sera me ne torno a casa. Deluso perché non ero stato in grado di dirglielo. Sereno perché quantomeno ero riuscito a dirlo a me stesso.
“Voglio essere presente Greta.”, avrebbe poi concluso un messaggio inviatole il giorno dopo, seguito da qualche canzone francese.