“Te lo ricordi no? Me lo dicevi sempre tu: non ci sta tutta la sabbia in un pugno, dei granelli usciranno sempre. Ecco, sento per la prima volta, che tutto ciò di cui ho bisogno posso averlo anche a due passi da casa. Non devo per forza attraversare l’oceano. Non devo voler tutto, tanto tutto non ci sta, tutta la sabbia non ci sta.”
Com’è bello risentire La Julienne.
Lui che adesso è in America a farsi il culo giorno e notte, e che nonostante tutto trova ancora il tempo di allenarsi e dare un bacio a sua madre.
Ci siamo chiamati dopo tantissimo tempo, dopo un sacco di esperienze da tutte e due le parti.
“Il 14 agosto atterro a Milano, se sei a Torino passo un paio di giorni.”
“Non lo so La Julienne. Non so dove sarò. Ma so che quando ci vedremo sarà bellissimo.”
“Sarà bellissimo.”
Era solo un’oliva
Stamattina mi sono svegliato alle 8:21.
Ieri sera, dopo la chiamata con La Julienne, mi ero promesso che appena sveglio sarei andato a correre. E volevo correre tanto, un po’ di più del solito.
E così ho fatto.
Bicchiere d’acqua, caffè, pezzettino di cioccolata 100% fondente, che senno ci stanno gli zuccheri e chi la sente quella vocina della mente che vuole fare tutto healthy?
E poi giù al parco, con le cuffiette in tasca, che non si sa mai, il cellulare nella mano sinistra, che non si sa mai, e le chiavi nella destra, che quello lo so, in qualche modo in casa ci dovrò pure rientrare.
Un’oretta, leggera leggera, senza musica né podcast, con solo la Miss Mente a fomentare l’eccitazione in vista della maratona di New York di novembre. “Sì, ma da solo?”, arieccolo il signor Pensiero Autosabotatore. Allora di nuovo la Miss a guidarmi verso un lavoretto stagionale in agosto, come aiutante in una scuola di vela. Figo, fighissimo. Signor Pensiero Autosabotare dove sei?
E quando arrivo sotto casa ringrazio, come sempre: corpo, mente e spazio.
E quando arrivo dentro casa, stendo il tappetino, accendo l’incenso, e faccio yoga, anzi sudo e faccio yoga.
E quando arrivo dentro il corpo, mi siedo sullo stesso tappetino infradiciato e medito.
E quando, dopo la doccia e il secondo bicchiere d’acqua, mi siedo a tavola, mi preparo una bella colazione spagnola, come quelle che mi faceva Carmela: pane tostato e pomodoro spiaccicato.
E mi viene in mente quando in Grecia ci avevano detto di mangiare un’oliva, anzi due.
Seduti in cerchio, sotto la quercia, dando le spalle al centro e con lo sguardo verso il Monte Artemide. Vero passava e dava a ciascuno di noi un’oliva: “Welcome in Greece! Enjoy your olive!”
E che ci vuole. È un’oliva, e neanche delle più buone.
“Keep the pit, don’t throw it.” Ma che vuol dire pit? Intuisco. e intanto Vero stava facendo un altro giro, consegnandoci ancora un’altra oliva.
…
“Now let’s eat it together! Let’s begin observing it, first further then closer. Which color is it? Is it the same all around the surface? It’s dark or light? Are there any imperfections? Just observe it.”
…
“Now let’s move it with your fingers. Touch it with each finger, touch it with the palm of your hand. If you feel like, explore it maybe with your cheeks, your forehead, your noise, smell it, why not? How does it feel?”
…
“And now, slowly, start exploring it with your lips. Be kind, just taste the surface. Move it from the lips to the tongue. How is it? Is it salty? Is it bitter? How is it? Can you feel with your tongue all the little imperfections that you’ve seen before?”
…
“Keep your eyes closed and just feel this little olive. And when you feel ready, put the olive in your mouth and let it move. Play with it, pass it from your tongue to the teeth, allow each part of your mouth to taste it a bit. What do you feel?”
…
“And if you feel ready, take a little bite. A tiny one, and hold it in your mouth. Let the flavor expand in your mouth. Let it explode. Suck it, absorb the juice, play with it. Can you feel it?”
…
“And now take another bite, and another one, and keep exploring the taste. Let the olive being an olive, and let yourself being an observer, being a listener, being a taster. Allow yuorself to be surprised. Just slowly, enjoy your little olive. A gift from this land.”
…
“While tasting it, imagine that this olive comes from the land in front of us. From one of those olives trees. It took month to grow, to be harvested and to end up here, first in your hand and then in your month. There are people who worked years to prepare the land: planting trees, watering them, pruning them… this olive is the result of a huge work, and at the same time is the witness of a culture: the greek culture.”
…
“And now, if you are done with your olive, take care of the pit. Be sure to taste each part of the olive, leaving nothing on the pit. And when you’re ready, take the pit on your hand.”
…
“Breath. Take your time. When you’re ready open your eyes. How was it? Did you enjoy it? Was it the same experience as the first olive? Look at the two pits: are they the same? How much of the olive you left on the first one?”
…
“This was just a gift from the land. And this was just an experience of the connection between us and the surrounding. Between us the the enjoyment. Between us and time.”
Stamattina l’ho presa così.
Come se la corsa, lo yoga, la meditazione, la doccia fredda, il pane tostato col pomodoro spiaccicato, la scrittura… come se tutto fosse un’oliva greca ai piedi della quercia. E quanto mi piace questo silenzio.
“Sì, ma non abbiamo mica tutto questo tempo!”
E infatti buttiamo via un sacco di noccioli di oliva ancora pieni di gusto.