Distrazione e cibo spazzatura.
Concediti una sosta.
Concediti un po’ di normalità.
Va bene anche così: un po’ pigro e un po’ vorace.
Concediti un po’ di casino e di robe disordinate.
Com’è difficile stare da soli.
Com’è difficile apprezzare nella stanchezza e nella sporcizia, e nella fatica e nel pensiero che si ingarbuglia su sé stesso.
In fondo è bello stare insieme, specie quando si è da soli.
In fondo è bello rilassarsi, specie quando si è stanchi.
Che poi è bello anche pedalare, se il vento lo vuole.
Se la testa lo vuole.
Se il portafoglio lo vuole.
E che casino mettere insieme tutte ste variabili.
Non voglio più dimostrare.
Che sia da lezione. Un tatuaggio.
Solo una direzione, quella vera, unica, autentica.
Uno slancio creativo, dice il mio oroscopo.
Un po’ mi fa fatica scrivere. Non nell’atto stilistico, quanto più nel contenuto.
Che sia il mare a rubarmi l’ispirazione.
Che sia l’orizzonte ad essere insostenibile.
Ci va uno sguardo forte per guardare il nulla, o il poco, o l’abbastanza.
Ci va uno sguardo forte per riuscire a stare nella linea ferma del cielo e del mare.
E ci va uno sguardo forte per reggere la ripetizione dell’onda, come quella del pedale.
Ipnotica se in serie.
Disturbante se giovane o vecchia.
Aspetto il tramonto.
Ci vorrà un po’.
Ho la pancia piena di un gelato confezionato.
Just be
Grazie Sardegna.
Anche se a lungo speravo che fossi più corta e più piatta e più viva e magari meno cara.
Grazie anche se a lungo speravo non fossi tu, e invece poi tu lo eri.
Eccome.
Nel tuo silenzio, che Giulia me l’aveva detto: “vedrai, il silenzio è il vero abitante dell’isola.”
E quindi chilometri e chilometri di pedalate nel nulla. Alberi, arbusti, foglie verdi, foglie gialle e nient’altro.
Che pure il mare nascondevi dietro le montagne.
E poi le salite, tante, spesso inaspettate, che hanno messo a dura prova la mia resistenza fisica e mentale, ma che poi mi hanno insegnato ad andare forte in discesa.
Grazie Sardegna e grazie pastori.
I temuti pastori per i quali la diffidenza iniziale si è trasformata presto in curiosità. Perché la gente parla una lingua diversa, e basta davvero sedersi ed ascoltare.
Sono partito confuso e torno deciso.
Sono partito forse con l’intenzione di fare qualcosa di grosso.
Che poi magari sono semplicemente scappato… insomma senza preparazione alcuna ho messo un’amaca e due vestiti nella bicicletta e mi sono messo in viaggio.
Non avevo la più pallida idea di che cosa mi aspettasse, e se l’avessi avuta forse non sarei partito. Sapevo solo che molto probabilmente avrei passato diverso tempo da solo.
E così è stato.
Ci sono stati giorni durante i quali ho usato le parole solamente per ordinare un caffè, e poi nient’altro: solo strada, pedali e pineta.
Ho incontrato persone diverse: chi mi ha aiutato, chi mi ha ospitato e offerto del cibo, chi ha viaggiato con me e chi semplicemente ha scambiato una parola di incoraggiamento.
“La Sardegna non si vende”, mi pare di aver capito durante il viaggio: “resta com’è.” Che piaccia o no, e piace assai. Pochi servizi, poche attrazioni.
La Sardegna è così: tanto mare, ma anche e soprattutto tantissimo altro.
Io ho pedalato per centinaia di chilometri tra il mare e l’altro, e devo ammettere che sento di aver conosciuto veramente poco di quest’isola.
Ho imparato però i venti, finalmente.
A nord la Tramontana.
A sud-est lo Scirocco.
A sud-ovest il Libeccio.
E a nord-ovest l’odiatissimo Maestrale. Un vento contro. Violento. Che prende a schiaffi.
Vi ho pedalato attraverso e non ci ho capito niente: se forse dovevo riconoscere e rispettare la forza della natura e se era una prova per non mollare.
Non lo so. L’ho preso in faccia e gli ho restituito urla di impotenza e frustrazione.
Parto da solo e torno con la consapevolezza che in questo periodo, da solo, mi piace stare.
Parto da solo e torno dicendomi che non è più tempo di girarsi intorno. Vorrei costruire, crescere, studiare.
La Sardegna mi ha insegnato che non c’è niente da dimostrare. Just be. Come lei: nuda, arida, cattiva.
Just be.
Col vento sempre contro.
Con la gente sempre a favore.