SE DOMANI NON TORNO

da | Nov 27, 2023 | Novembre 2023

Se domani non torno […]

Cristina Torre Cáceres

Si legge ovunque. Si sente dappertutto.
La poesia della Cáceres viene impugnata come le fiaccole al tempo delle rivolte.

Il 25 novembre è…
e la lista si fa interminabile.

Fuori è la giornata giusta per fare la rivoluzione: la gente lo sente, gli animi sono in fermento, tutto si fa preludio di cambiamento. Metti in pausa la storia e riavvolgi il nastro: non oggi, rivediamo la solita scena. I cinepanettoni riempiono ancora le sale, e noi no, non siamo pronti.

Come posso ignorare lo sfondo della narrazione? Come faccio a scegliere chi invece portare in primo piano?

Parlerei sì di quel ragazzo sedutosi da solo al ristorante dove lavoro. Così inizierei una minuziosa descrizione dell’ambiente, alternando i muri alle sensazioni, il portamento alla nostalgia… alternando insomma il suo presentarsi al mio ricevere, fino a fare di quel ragazzo un mero strumento di conquista del mio personalissimo desiderio di rimettermi in viaggio. E allora via di ricordi: di quando ero io quello che si sedeva ai ristoranti da solo, per concedermi una coccola dopo una giornata passata con lo zaino in spalla a camminare, a pedalare, a muovermi invisibile tra la quotidianità delle vite altrui. Ne parlerei eccome, visto il sorriso che non sono riuscito a trattenere nell’iniziare a fantasticare sul mio prossimo, seppur lontanissimo, viaggio. E ne parlerei ancor di più visto l’affetto per la parola “coccola”: pronunciata al momento giusto, non prima di aver presentato il contesto come un indivisibile commistione di lentezza e fatica.

Ma come faccio ad ignorare lo sfondo della narrazione? E come faccio a scegliere chi invece portare in primo piano?

Così, forse di quel tizio è meglio non parlare. E neanche della nostalgia: in fondo a chi importa di lei?
Meglio forse raccontare dell’ultimo film della Cortellesi. Il biancoenero, la scena delle botte incarnata da un balletto, la non-pornografia del dolore. Sì, meglio. Sarebbe un argomento più vasto e più comune. Di questi giorni poi, di un’attualità disarmante.

Ecco che allora forse un modo c’è per non slegarsi dallo sfondo. Per riuscire a raccontare senza farsi fagocitare dagli eventi.

Mettendo insieme i pezzi del reale attraverso i fili della narrazione.

Giulia Cecchettin è morta. E sì, certo che si potrebbe non parlare di lei, di loro, di noi. Eppure allo stesso modo si potrebbe anche farlo, eccome. Farlo e rifarlo, fino a risultare nauseabondi e ripetitivi.

Giulia Cecchettin è morta. E ad ucciderla è stato… tanto lo sappiamo tutti chi è stato. Forse non abbiamo il coraggio di ammetterlo, forse io non ho il coraggio di ammetterlo. Eppure lo sappiamo tutti chi è stato.

Giulia Cecchettin è morta. E la poesia della Cáceres davvero si legge ovunque. Forse perché bellissima. Forse perché vera. Forse perché ogni mezzo vale, anzi è super lecito, per dare voce a chi ancora morta non è.

Giulia Cecchetin è morta. Ed io, come tantissimi uomini, mi sento in colpa. E vorrei imparare, vorrei capire come comportarmi. Vorrei riuscire, senza rifugiarmi nelle mie convinzioni, a mettere in discussione il mio sguardo sulla questione.

Giulia Cecchettin è morta. E da maschio bianco nato nella parte fortunata del mondo… da privilegiato, affondo anche io tra le milioni di parole (mai abbastanza) dette a riguardo.

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