“Scusa il ritardo Maurì, questioni di cuore.”, coi sensi di colpa che sostengono il fiatone.
“Embè…”
e mo’ che fai, non glielo dici?
“Ma nulla, stavo con un ragazzo, si parlava di noi, del continuare a frequentarci… solo che lui, giustamente, vorrebbe delle garanzie su alcuni miei comportamenti. Che sò: un po’ di sana comunicazione e poi che non è che una volta ottenute le sue attenzioni me ne scappo… c’ha ragione, che gli voi dì?”
“Ha ragione sì!”
“E sì. Ma io, ad oggi, mi conosco così. Non so se riesco a cambiare.”
Si dilata il tempo.
Suonano alla porta: la Vale is back.
“Al solito Jacopì: tieniti aperti gli orizzonti…”, pausa, “…sapendo che così non stai a scegliere niente.”
Ma con quel coltello non stava a taglià l’aglio prima?
Ajustarse la vida
Riordino le settimane.
Quella che viene,
e quella passata.
Nei prossimi giorni mi impongo una ferrea gabbia di cose da fare: portare a sviluppare il rullino della macchina fotografica, decidere che fare per le vacanze, definire un paio di lavori post vacanze e comprare il dentifricio.
Lo scrivo così lo visualizzo, dicono che serva.
Anzi, secondo Flow ci sarebbe un modo ancora più efficace: “me ho ajustado la vida“, tanto vale provarci.
Serve un foglio, e serve dividerlo in 4 quadranti:
– in alto a sinistra: URGENTE
– in alto a destra: NON URGENTE
– in basso a sinistra: DECIDERE
– in basso a destra: PRIMA O POI
eseguo…
Ora la settimana passata.
Inizio dormendo poco.
Lunedì al Tour de France col sole e al ristorante col buio.
Martedì faccio lo stesso, peccato che di sole ce ne fosse tanto da scottarsi e che il Tour de France avesse esagerato, rubandosi anche una buona fetta della notte.
“Se poi devo sentirmi dire dall’ultimo arrivato che i piatti sono sporchi…”, dimenticavo: anche il ristorante mi ha rosicchiato una fetta della notte del mercoledì, ma io, stanco di sentire un collega vomitarmi addosso le sue frustrazioni, non ci sto. Mi alzo, pago il birrino e me ne vado. Non ho mai litigato sul lavoro: che sia l’urgenza per la prossima settimana?
Mercoledì grande classico: lezione + lavoro, senza infamia e senza lode.
Giovedì rinuncio alle lezioni per andare a fare una detartrasi a Vigone prima e un pranzo a Pinerolo dopo: traccia del tema, Le Vacanze.
Frenco acchitta due friselle, io un’insalata improvvisata dal suo frigo: “insomma scendiamo in Puglia insieme?”, gli domando. Troppe le incognite: i soldi, il periodo, la gente… ma soprattutto: sono pronto a diventare una persona “normale”? Non mi sembra, temporeggio e aggiungo “chiudere per le vacanze” nella sezione DECIDERE.
Venerdì aspiro a diventare il primo assaggiatore di salumi vegetariano, per poi tornare sui miei passi e dedicarmi con molta naturalezza agli aperitivi. Primo: da Mi.Ri con quelli di scuola, tutti tranne uno: Cavallo è pensieroso perché gli abbiamo dato del presuntuoso… che bello crescere.
Secondo: a La Cricca con Albus, dovremmo parlare ma non ce la facciamo fino al momento di salutarci, poi una piena, uno strappo lì lì per ricucirsi ed io che mi tiro indietro: “non sono pronto”, che cazzo ti prende Jacopo?
Terzo: da Maurino, in ritardo, con un Prosecco e due crostini.
“Famo n’aglio e olio?”, lui.
“Daje!”, io.
E mentre mangiavamo quel classico della produttività tutta italiana, già avevamo messo su l’acqua per un richiamino: pronti a sbranarci pure una cacio e pepe. Poi la storia dello Sfusato amalfitano, dei limoni invenduti da riportare al nord, di un ragazzo adulto che intanto dovrebbe rimangiarsi il suo essere stato figlio adolescente.
3 limoncelli per favore.
Stasera va così.