Finalmente mi esprimo e recito da slamato a terra come un pesce sul quale dibattono due pescatori.
– “Lo gettiamo a mare?”, domanda il più giovane dopo aver incrociato l’occhio vivo e supplicante del pesce.
– “Non ci pensare”, fa il più vecchio ributtandosi la sigaretta in bocca per non correre il rischio di dire altro.
Lust for life
Supero indenne e tramortito il 17 luglio.
Una data come un’altra per i miei precedenti 28 anni di vita.
Quest’anno gli incroci hanno voluto darsi appuntamento lo stesso giorno: penso a Lag che parte per l’Australia, penso ad Adele che compie gli anni e mi risucchia nei suoi festeggiamenti, penso a Maurino che festeggia anche lui ma la sua è una celebrazione isolata e silenziosa, penso all’ultimo giorno di lezione e poi che me ne farò di tutto questo tempo?
Supero il 17 luglio dopo averlo sovraccaricato di aspettative, quando in realtà l’ho vissuto come un satellite intorno al proprio pianeta.
Attorno a me tanto.
Ma io.
Io, vuoto.
La sera vado a lavorare e mi chiedo se quel sorriso sulla porta d’ingresso provenisse da fuori. Leggo la frase del giorno:
Ogni tanto bisogna lasciare andare tutto come deve andare, lasciare succedere le cose, seguire l’onda del proprio destino e stare a vedere dove ti porta.
Francesco Gungui, scrittore
A quel punto cedo, e sorrido.
L’istante successivo mi domando se l’effetto di questo messaggio su di me sia da imputare all’Universo o alla patina speciale che ho posato su questo giorno.
Forse qualsiasi cosa avessi letto, avrei sorriso.
In quel momento pensavo a tutto tranne che a fermarmi, e c’era voluto un pezzetto di carta per ricordarmi che per quanto viva la vita a suon di metafore, io satellite non sono e posso benissimo decidere di interrompere, accelerare o addirittura fermare il mio moto di rivoluzione.
Preso dallo sghiribizzo di dover scegliere la vita
mi ero trovato impiastricciato tra gli stratagemmi di scenari futuri, di errori presenti, di suggestioni misurabili in scala Mercalli… Uno stage da pensare, l’Erasmus come preambolo per creare un nuovo racconto, la geografia troppo vasta del mondo a suggerirmi l’angoscia della scelta giusta: nonostante fosse il 17 luglio e di motivi per distrarsi ce ne sarebbero stati assai, sentivo l’affannoso respiro dettare il ritmo delle mie pulsazioni.
Continuerai a farti scegliere o finalmente sceglierai?
Se solo avessi amici maledetti come De André, forse ora sarei su dei gradini di una chiesa a bere vino soggiogandomi il diritto di giudicare i problemi altrui.
Invece mi sento sempre più osservato, a tal punto da demordere: non prendo più una decisione.
Lo stage? Non lo so. Intanto mi candido per l’Erasmus, poi ci penso. Torino è da falliti. In giro costa troppo. La Spagna è l’ennesimo confetto ad una festa priva di invitati.
Le vacanze? Io non so scegliere. Come faccio ad essere figo, viaggiatore, solitario, estremo, e amico allo stesso tempo? Rimando. prendo tempo. e rimando ancora.
In frigo un pot brownies mi regala una seconda opportunità.
Sono stanco.
“Lo mangio, inizio a viaggiare, poi dormo.”, mai sceneggiatura fu più sbagliata.
Lo mangio.
Tardo, tardo molto nel viaggio.
Ma poi…
Le memorie di quando anni fa mi trovavo al parchetto con Noce per un birrino e una zanchetta. Di quando in Olanda, zanchetta e concerto stampato sul muro col proiettore. Di quando galleggiare era contemplato: nonostante una mano che ti offrisse gli abissi e una il cielo.
Ascolto la musica e il mio corpo reagisce.
Scrivo e lo faccio per davvero. Scrivo. Senza sforzarmi di dover scegliere le parole. Scrivo e basta, ossia poggio la penna sul foglio e traduco quello che la mente partorisce.
Parlo con René Magritte sul suo Impero della luce.
Guardo Matrix ma mi addormento.
Guardo un documentario su funghi ma mi annoio.
Guardo The Midnight Gospel: non l’episodio sui carcerati, non l’episodio sui carcerati… Ep. 5: L’annientamento della gioia.
Erano anni che non sentivo la leggerezza della vanità.
Sono stato male. E sono stato bene.