CONTADINO DELLE RAMIFICAZIONI NARRATIVE

da | Gen 7, 2025 | Gennaio 2025

“Quando ci chiamiamo?”, Giulia, rompendo il silenzio di una fredda chat di Whatsapp.
“Dopo fiore mio“, la mia seconda risposta. Perché la prima era stata lo stesso messaggio, inviato però alla persona sbagliata. O forse a quella, inaspettatamente, e insensatamente giusta.
Da qui due conversazioni concentriche.
La prima pseudo-programmata.
La seconda tutta Michelangelo e scalpello: una creatura da portare con cura alla luce.

Che se ora avessi le competenze di programmazione, farei come tipo quei libri dove decidi tu come far proseguire la storia, e farei scegliere al lettore di quale conversazione diventare spettatore. Ma è già tanto se un’amica s’è messa di buona lena a creare questo spazio per la scrittura, e non mi sembra il caso ora di chiederle di programmarmi un meta-blog all’interno del quale diventare “contadino delle ramificazioni narrative”.

contadino delle ramificazioni narrative: la prossima volta che mi chiederanno che cosa voglio fare da grande risponderò così: “contadino delle ramificazioni narrative”.
Devo solo impare a dirlo in spagnolo, e in inglese.
Domando a ChatGPT, e senza accorgemene aggiungo a quella con Giulia, a quella Michelangelo e scalpello, e allo sforzo mnemonico-creativo di scrittura, una nuova conversazione bot-umano.

Tú dijiste:

una domanda random, poi torniamo sul tema del libro: come si dice in inglese e in spagnolo “contadino delle ramificazioni narrative”?

ChatGPT

Bella domanda! Ecco le traduzioni:

  • In inglese: Farmer of narrative branches
  • In spagnolo: Campesino de las ramificaciones narrativas

Entrambe le versioni mantengono il senso poetico dell’espressione. Se vuoi, possiamo affinare ulteriormente il significato a seconda del contesto in cui intendi usarla. 😊

Tú dijiste:

vale, mi piace

ChatGPT

Perfetto! È un’espressione davvero evocativa. 🌿📖 Se vuoi, possiamo esplorarla ulteriormente in qualche progetto futuro… magari diventa un capitolo del libro o un tema di un blog post! 😊

Tú dijiste:

già lo è 😉

ChatGPT

Ah, fantastico! 🌟 Allora “contadino delle ramificazioni narrative” è già parte del tuo universo creativo. Se vuoi, possiamo lavorarci insieme per svilupparlo ancora di più, magari intrecciandolo con i temi del tuo libro o del blog. 😊

Tú dijiste:

Chill my friend

Il muscolo gentile

“Fra due settimane parto per la Repubblica Ceca. Un po’ mi sento in colpa perché lo stesso giorno mamma inizierà le cure, però…”, si interrompe incerta Giulia, nella speranza che quello spazio vuoto potesse riempirsi improvvisamente di certezze, “però sento che ho bisogno di tornare ad allenare il mio muscolo sociale.”

Il tragitto Proava (il luogo dove lavoro) – Primado Reig 124 (casa per i prossimi mesi) è un susseguirsi di sole, tavolini ed alberi. Di solito lo percorro in bici, preferendo il versante nord del Turia: màs rapido, màs jocoso. Ma quella sera, Giulia aveva deciso che l’avrei fatta camminando, lasciando ai miei piedi il diritto di perdersi per i vicoli del centro.

Amore, silenzio, futuro. E poi Torino, comunità, quando ci vediamo?, l’estate. I classici temi delle nostre conversazioni.
Niente di nuovo sul fronte occidentale.

“Sai”, aspetto che finisca di raccontarmi di Marta, “ti ricordi l’altro giorno che stavo piangendo in aeroporto?”
“Quando mi ha inviato la foto?”, dimostrandomi ancora una volta di essere maestra di attenzione.
“Yess. Ero a Torino e stavo per prendere il volo per tornare a Valencia. Ecco, ero in coda per l’imbarco, e niente… all’improvviso mi sono esplosi gli occhi. Poi vabbè avevo della musica che special guest: sorella tristezza.”
“Ahahahahah sì mi immagino”
“Comunque… ero lì in mezzo alla gente, e senza fare il minimo sforzo per trattenere le lacrime, mi guardavo attorno non so neanch’io bene perché: volevo notare la reazione delle persone, o forse speravo solo che qualcuno si accorgesse di quel pianto, e che mi regalasse un forte abbraccio. Poi, esausto. ho deciso di mollare la coda, e sono andato a sedermi per terra, appoggiato a un muro. Mi guardavo attorno e piangevo. Come un bambino. Come un cane. Come un uomo che chiede l’elemosina per strada. In quelle lacrime c’erano tutti questi personaggi. E c’era la richiesta di un aiuto. Giulia: non è successo niente. Niente. Nessuno sguardo, nessun sostegno, nessun abbraccio. Niente. Neanche la mamma dietro di me in coda. Niente, Giulia. Ecco, quando all’inzio mi hai detto del muscolo sociale… bene, io voglio allenare il mio muscolo gentile. Vorrei praticare la gentilezza. Che poi anch’io sono così eh: anch’io magari se vedo qualcuno per strada non mi fermo per paura di essere invadente…
“Ti capisco bimbo. Ma è tutta una cazzata: abbiamo bisogno degli altri. Abbiamo bisogno del calore umano. Del contatto.”
“Esatto.”, e un momento per fare autoanalisi, “Ma già ci sono cascato. Quando stamattina, prima di entrare a lavoro due signore, che il mio pregiudizio aveva eticchettato come tossiche, mi hanno chiesto l’ora. La mia prima reazione sai qual è stata? “No hablo español”. Hai capito? Anch’io mi sono girato dall’altra parte, quando loro mi stavano semplicemente chiedendo l’ora… niente, ti volevo solo raccontare di sta roba, perché quando tu hai detto dell’allenare il muscolo sociale, non so: mi è piaciuta un sacco quell’espressione.”
“Bello sei.”
“Tu.”
Che se fossimo stati in una serie tv, ci saremmo abbracciati, sfumando quando l’icona in basso a destra invitata lo spettatore a skippare al prossimo episodio. Mentre il prequel, in uscita tra un paio d’anni, sarebbe incominciato con la narrazione di una lettera scritta dal protagonista a sè stesso proprio prima di partire: proprio prima di quel pianto.

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