“Giugno è quel mese che se stavamo sempre a giugno stavamo proprio in un altrooooo”, tempo teatrale, sorso di Ceres, sguardo offerto in prestito alle galassie e ritorno fulmineo alla materia: “in un altro mondo.”
Punto.
Sentenza.
Fragorose risate anticipate da un silenzio di assestamento di chi sa di non appartenere a quello stesso mondo.
DA QUI L’INVEROSIMILE
Mi è venuto il febbrone: epilogo forte, giusto, necessario di questa insostenibile settimana.
Dio benedica il corpo, e la sua forza di imporre una tregua e te, a me, al mondo refrattario alla siesta pomeridiana e avvezzo alle ore piccole intinte di veleni.
“Domani vado a caccia di formaggi in alpeggio, se ti va Jacopì”, Maurino mi rende partecipe, con garbo e discrezione, della sua nuova meravigliosa creatura: un sabato passato in montagna a seguire le tracce delle vacche.
La partenza presto stimola l’appetito e alle 10 abbiamo già sfondato il muro della dose quotidiana di latticini consigliati: una ricotta, due nodini e una toma semistagionata. Lo stomaco apre le porte ad un party imprevisto, e la borsa frigo ingurgita gli avanzi.
Bestemmia a Gravere.
Prosecco a Susa.
Benzina in Francia.
Poi un tomino di capra fresco da far invidia al Gelato di Latte, autentico caposaldo della cucina piemontese, del quale metto qui la posizione per i miei followers e le mie followers, che un domani chissà, magari divento foodinfluencer, così mi porto avanti. Eccola tiè.

Poi Maurino si incazza perché mi distraggo e perdo la strada ed io mi zittisco perché ho deluso me, lui e il bambino Jacopo. Una retromarcia rompe il silenzio, e la vista di altre vacche sul pendio ringaluzzisce l’abitacolo. La Citroën C3 però non nasce come guida alpina, e dopo aver impavidi affrontato tre finti cani da pastore, si incaglia nella schiena ad asino di un sentiero sterrato. Risultato: parafanghi anteriore divelto, Maurino morto dentro e vivo fuori ed io inerme tra il suo potenziale inveire e una fragorosa, ma inibita, risata. Ci salveranno due ciclisti e un gioco di pietre a dare sostegno alle ruote ormai sospese nel vuoto.
Il bottino dirà afterparty per il colesterolo e un’amicizia forse rovinata / forse rinforzata per sempre.
Domenica 70km di bici nel Monferrato.
Tutto bello tranne la solita sveglia presto, Pippo che tiene una media di 25km/h in piano e Baghera che comunque ha bisogno di una revisione in vista del grande viaggio di quest’estate. NO SPOILER. STAY TUNED. CHI SA, SA.
A metà una boccia di Margot, un 100% Grignolino metodo classico, le focacce di ragazzacci dell’Infernot e un grappino a sudare la prossima, durissima salita: con Maddona delle cosce e delle mutandine semino la concorrenza e mi fermo in cima eccitato di una morte appagante.
Risorgo a cena dai miei con un piatto di bresaola, poi trasformatosi in cous-cous, poi in parmigiana di zucchine, poi in pecorino abruzzese, melone e affogato al caffè: che di tutte quelle calorie bruciate nelle 7 ore precedenti non è rimasto che un bicchiere di Brandy per sgrassare.
Lunedì prima volta in Val d’Aosta.
Io, Salvini, Lorenza e Ceci.
Un team Salone rivisitato e riadattato alle nostre velleità da stambecco e tavola da boscaiolo.
Il vino spezza le reni dei nostri risparmi ma la tarantella è così divisiva da prendersi il centro del palcoscenico: io e Lorenza che, guardando il monte Corno Bussola sogniamo Melpignano (LE), e Ceci e Salvini che, se potessero, con la legna dei tamburelli rimboschirebbero tutta la val d’Ayas.
Martedì seconda volta in Val d’Aosta.
Sveglia col gallo.
Poi col tosaerba.
Poi con la caldaia che sembrava suonare la techno.
Acqua fredda in faccia e scarpe comode ai piedi: andiamo a conquistare lo Zerbion.
La camminata è solo salita: salita tra i boschi, salita tra i prati, salita tra le rocce, salita in cresta… una costante e imperitura salita fino ai 2mila 7 e fischia metri di altitudine sul livello del fiato rotto dalle Lucky Strike.
Ci sdraiamo sotto la Madonna e sotto la Madonna fagocitiamo pane e formaggio, mentre allontaniamo il pensiero della discesa con mestizia procrastinatoria.
Di ritorno a Torino diciamo a Toccalmatto di fare di noi ciò che vuole, lui esegue e dopo una carrellata di sidri amoreggio col letto manco fosse Walter Nudo alla prima edizione de L’Isola dei Famosi.
Mercoledì ricompare La Julienne (o Lag) dopo un anno di Australia.
Io sto dormendo, quando sento il telefono squillare: “La Masienneeeeeee siamo qui!”.
Sono impresentabile, con la faccia stropicciata e l’umore da vecchio incarognito.
“Dammi una bacio”, mi fa appena entrato in macchina.
Eseguo.
“Dai un bacio alla Francesca”
Eseguo.
“La Masienneeeee”, scondizola tutta la sua felicità.
Io crollo, apatico, sui sedili posteriori: pigliati anche il mio di entusiasmo, io mi prendo la tua sonnolenza.
Insieme scopriamo il Ramo d’Oro, un nuovo locale nella Galleria della quale non ricordo il nome; pranziamo coi suoi amici e le sue amiche, boicottiamo il lago coi suoi amici e le sue amiche, poi Valentino coi suoi amici e le sue amiche, ed infine in Borgo Dora coi suoi amici e le sue amiche.
In mezzo, tra uno spostamento e un altro, inchiodo in bicicletta alla vista di Dumi.
“Dumi?”, legittimamente stupito dall’incontrarlo a Torino, lui di Tivoli.
“Noooo che sketch”, con quella voce un po’ Bella di Scary Movie.
“Che ci fai qui?”, esercitando i miei diritti alla curiosità.
“C’ho un contest sabato, nel mentre sale anche Giordi e suoniamo un po’ per strada. Te suoni?”
“Con voi?”
“Embè”
“Daje”
Giovedì pranzo con la mamon, il babbo, Rebecca e La Julienne: che non lo fai un pranzo in famiglia?
“L’ho visto un po’ pensieroso”, mi avrebbe detto mia sorella qualche giorno dopo riferendosi a Lag.
Bella lei che si accorge di tutto. L’altra faccia della medaglia del suo essere così silenzionsa non può che essere un’acuta sensibilità.
Poi la mamon abbraccia Giulio.
Il babbo abbraccia Giulio.
Rebecca abbraccia Giulio.
Il babbo bacia la mamon.
Io bacio Rebecca.
E ciascuno prende la propria strada.
Au revoir Lag. Lui se ne torna in Australia con scalo nel Mugello, e io a casa a fare una lavatrice.
La sera, con Dumi e Giordano, suoniamo per nessuno in Piazza Castello prima, e per una platea di tavoli in Santa Giulia poi.
Da qui l’inverosimile.
Venerdì spaccano il vetro della macchina di Claudietto: “l’ho visto, è stato un signore pelato, con una polo granata e gli occhiali”, ci fa Massimo, il testimone.
Parte la denuncia.
Parte il “e mo’ che facciamo?”
Hanno rubato la Drum Machine.
Vado su internet per essere sicuro di sapere cosa sia una Drum Machine.
Su internet vedo che Albus cerca casa a NYC per una sua amica.
“Mandami il contatto che ho un paio di amici a NYC”
Dopo 10 minuti: “Hey Jacopo! Actually I do have a potential apartment for her. I’m leaving NYC on September 22. I’m going to Bologna for three months and I need someone to take over my lease.”
Che ce ne facciamo di un mondo così grande se tanto ci ribecchiamo sempre?
Casa a NYC acchittata.
“La Masienne”, mi scrive La Julienne, “mi sono dimenticato il passaporto a Torino, non è che…”
Ho già capito.
Parte la spedizione passaporto.
“Marylin, tu quando torni giù?”, anche lei apparsa dal nulla a Torino dal centro del mondo.
“Domenica, ma mi fermo a Lucca.”
“Perfetto! Ti va di consegnare un passaporto ad un mio amico?”
“Che bello sì! Mi piacciono queste missioni!”
Ora bisognava rispondere al “e mo’ che facciamo?” di cui sopra.
Prendiamo gli strumenti e suoniamo al Valentino.
Improvvisamente ci ritroviamo travolti da una gara podistica.
Mai avuto così tanto pubblico e così poche monete.
La sera c’è Cantine Bollenti, l’inaugurazione di un rooftop, qualcosa al Bunker, la voglia di fare tutto, di stare con tutti e la stanchezza del non fare un cazzo. Faccio il check delle sostante legali e non che potrebbero svoltarmi la serata: non ho voglia di niente ma scivolo poi su un insospettabile spray al sapore di LSD e su l’amarcord della solita amata Ceres.
Fino alle 4:30 seduti per terra, giochiamo con la cospiqua delegazione di Tivoli a bivi.
Fino a quando l’oracolo di Giordano irrompe sulla scena: “Giugno è quel mese che se stavamo sempre a Giugno…”
Allora troviamo doveroso abbinare i mesi ai giorni, i cantanti ai calciatori, Stevie Wonder meglio di Michael Jackson e Vasco meglio di Rino Gaetano. Ci pestiamo, ma solo intellettualmente. Poi ciao, domani è sabato: tocca annà a sonà ar balon.
Sabato.
I matti suonano al balon.
Io vado al Museo Egizio a ritirare il passaporto di La Julienne, e li raggiungo con un melone, le occhiaie e la convinzione che proprio bene bene non sto.
Sotto il sole delle 13, una visione ci dice di smetterla: in strada solo le ombre dei piccioni.
Me ne torno a casa e dormo fino a quando Dumi e Chiara non mi vengono a suonare per riprendersi gli zaini.
Nella gentile intrusione a casa, mi recapitano un messaggio: “stasera alle 18 suoniamo alla Panche.”
Alle 18 sono alle panche.
Giordano è a casa che dorme.
Dumi ha sbagliato a digitare Panche su Google Maps e dice che sta allo stadio del Torino.
Uno spritz Campari.
Poi un altro.
Poi un altro.
“Abbiamo il concerto dei Tamango stasera!”, faccio ad Aprile.
“Ah pensavo te ne fossi dimenticato”, con grande fiducia lui.
“Ma va! C’avevo due zucchine, ho fatto pure i panini”
“E certo. Se hai le zucchine che fai? Non li fai due panini?”
Alle 20, arrivano Giordano e Roberta, e iniziamo a suonare in piazza.
Poco dopo ci raggiunge Dumi, che dopo un paio di pezzi se ne va per fare il contest.
Alle 20.30 inizia il concerto dei Tamango.
Io e Aprile ci guardiamo.
Ci siamo capiti.
Alle 3 siamo in Colletta con la musica spenta e il mal di testa di una zanchetta di troppo.
Ancora il tempo di un’ultima risata quando Giordano si traveste da maniaco e spaventa a morte me e Claudietto in ascensore: se l’avesse realmente voluto non ce l’avrebbe mai fatta.
Sversi sul pavimento del cortile rimettiamo insieme il fiato, ci alziamo e chiamiamo l’ultimo taxi della settimana.
Fosse per me lo rifarei domani.
Il mio corpo, per fortuna, non è d’accordo.
Domenica pranzo in agriturismo coi parenti: febbrone, sudore, vino caldo, e il desiderio animalesco di dormire.
Alle 19 sono a letto con la pancia piena e il mondo che mi presenta il conto.
Da lì alle 9 del mattino seguente, solo sogni, rotolamenti tra le lenzuola, e la consapevolezza che Giordano c’aveva ragione: “Giugno è quel mese che se stavamo sempre a Giugno stavamo proprio in un altro mondo.”