“Riappropriazione linguistica.”
“Trasformazione del conflitto.”
“Rivendicazione.”
“Orgoglio.”
“ORGOGLIO.”
“Identità.”
“Negro. Frocio. Terrone.”
No. Forse hai ragione tu, Greta, ma io ancora non ce la faccio. Non riesco a a fare di un’insicurezza un motivo di orgoglio. Perché io penso che parole vuote non esistano, che le battaglie di uno in fondo siano le battaglie di tutti, e che soprattutto, oggi, come ieri, non sia necessario.
Telecronaca di un turno di lavoro
Il mio oroscopo dice che:
“… what has been lost will be found… an unsettling twist will ultimately bring you delightful support.”
Rob Brezsny’s Free Will Astrology
Lo leggo. Lo rileggo. Copio, incollo, traduco, per esserne più sicuro.
Era ciò di cui avevo bisogno?, mi domando.
Sì.
Proprio mentre scivolo nella routine di una vita nuova, così lontana dal me di questi ultimi anni, ritrovo nelle parole di uno sconosciuto il diritto alla messa in discussione.
E se… se fossi mosso dalla paura? dal giudizio? dall’aspettativa? E se… avessi iniziato a credere alla storia? Se stessi rispondendo agli altri e non a me stesso? E se… e se… e se…
“Una svolta inquietante porterà infine un delizioso sostegno.”
Guardo l’ora: presto si farà tardi. Mi vesto, vado in garage, prendo la bici e mi reco a lavoro. Ho lavorato 7/7 questa settimana ma rare volte ne ho sentito il peso.
Inizio, al solito, pulendo i pomodori e l’insalata, per poi passare ai coltelli e i contenitori dove conserviamo il cibo. Di lì a poco, dalla cucina, sentiamo l’inconfondibile biiip di Glovo: si entra in scena. Ci schieriamo mantenendo intatto il nostro equilibrio: uno alla piastra, uno alla friggitrice e uno alle pite, con quest’ultimi che intanto si alternano all’impiattamento.
In cucina si sta bene, specie quando c’è frenesia: gli ordini arrivano a ondate. Alle volte ti sembra di venirne sopraffatto, ma il tempo di mollare tanto non ce l’avresti comunque, così continui, assente a te stesso e al mondo, dove intanto magari ha smesso di piovere ma tu non lo sai, a leggere comande e a trasformarle in piatti. Impari che la comunicazione è importante, l’attenzione pure e la memoria ancora di più. Non c’è tempo per la ripetizione: bisogna essere sicuri senza esserne coscienti. Così, mentre i fogliettini delle comande si accumulano, e tu non sai bene se sia meglio iniziare con una pita gyros o con un piatto di dolmadakia, ritrovi te stesso, fisicamente te stesso, riflettere sul qui ed ora. “Però, che squadra!”, e accenni un sorriso che solo le fette di pomodoro tagliate qualche ora prima possono vedere. Non c’è tempo. Il campanello suona: le comande entrano, i piatti escono, i clienti fanno lo stesso non sapendo bene se essere l’uno o l’altro.
Poi la risacca.
È vuoto.
Ci risolleviamo tutti dalla china delle nostre spalle. Per la prima volta rialziamo lo sguardo senza cercare giustificazioni al nostro incedere frenetico. Alziamo lo sguardo come si ritorna a galla per prendere una boccata d’ossigeno.
Dapprima c’è un istante, un immancabile istante di silenzio. Un atomo, quasi impercettibile, ma unità fondamentale della materia. Poi… solo poi, forse, si scopre che fuori ha davvero smesso di piovere.
“Stasera ci facciamo una birra dopo lavoro?”, interromperà il nulla la voce di Greta dal banco.
“Sì.”, io.
“Sì.”, Tom.
“Sì.”, Chrīstos.
Prima o poi il turno finisce, così come il match di Sinner alle ATP Finals che io e Tom siamo riusciti a sbirciare dal tablet tra una comanda e un’altra. E allora si va da alla solita birreria che ancora non mi piace, ma prima ci andava Maurino, e ora ci vanno i colleghi del locale: così finisco per andarci sempre anch’io.
“Per me una 28 Super.”, sperando finalmente di trovare una birra alla spina che incontri i miei gusti da amante delle birre in stile belga.
“Io una 28 Pils.”, Greta.
“Goose.”, Tom.
“Gin tonic.”, Chrīstos, ignorando la propria locazione spaziale del momento.
“Nein.”, il cameriere, “solo birre: 12 spine e 250 bottiglie.”
Un po’ di tempo per pensarci e poi un’altra Goose.
Per una volta quella comanda non sarà roba mia.
“Allora, dove eravamo rimasti?”, stuzzico Greta riprendendo un discorso iniziato qualche ora prima sul linguaggio.
“Ah sì… Riappropriazione linguistica.”
“Trasformazione del conflitto.”
“Rivendicazione.”
“Orgoglio.”
“ORGOGLIO.”
“Identità.”
“Negro. Frocio. Terrone.”