“Ho l’intro perfetto per il prossimo articolo”, pensavo, ancor prima di iniziare a scrivere l’ultimo (Sceneggiatura di Natale), e infatti eccomi qui a scrivere dell’ennesimo intro mancante, o mancato, autocitandomi per creare traffico e riempire gli spazi di queste righe che, diciamocelo, vuoti non potrebbero proprio stare. E mentre scrivo, rigorosamente a mano, sul nuovo, fantastico, elegante quadernettosenzarighedallepaginespesse, regalatomi per il mio compleanno da quegli amici storici che ogni tanto mi scordo di avere, penso a come potrò continuare, cos’altro aggiungere, dove andare a rovistare per trovare direzione a questo spasmodico muoversi della mano sul foglio. Ormai è un gioco: voglio vedere chi molla prima tra me e la mano, tra la mente creativa e l’arto esecutore. Non posso permettermi un pareggio. Vorrei ricreare l’effetto di un muro di parole, così pieno che non si riconoscono più i mattoni. Vorrei un pezzo unico, dove la punteggiatura, più istintiva che stilistica o grammaticale, rappresenti il tempo necessario per una fisiologica boccata d’ossigeno, prima di ritornare in apnea. Senza rumore. Senza immagini. Senza ricordi. Con la sola mente offuscata a ricercare quell’incipit ormai andato perduto. Fa niente, ne metterò un’altra di frase, una a caso, una di Christian, forse un nuovo amico, sicuramente il mio responsabile a lavoro.
“Non c’è niente di meglio che nascere povero, in un quartiere povero.”
Christian, nato a Boedo, Buenos Aires
Memoria
Non mi ricordo niente.
“Questo è il ragazzo olandese?”, domanda Rossella indicando col dito il ragazzo alla mia destra nella fotografia.
“No, lui è spagnolo! Qua è quando stavamo facendo il giro dell’Olanda in bici.”
“Ah sì! E come si chiama già?”
Ci penso giusto un secondo, tanto so che quel nome non mi verrà mai in mente: non ho nessun appiglio, non un’iniziale, una vocale alla quale agganciarmi, un suono, un profumo… niente. Ci rinuncio, dopo averci pensato giusto un secondo.
“Non mi ricordo, cazzo. Meno male che scrivo va…”
Forse è perché bevo troppo. Eppure una volta bevevo molto di più.
Forse allora è perché una volta bevevo troppo e ora pago qualche irrimediabile danno a qualche misteriosa area del mio tanto caro cervello.
Ho festeggiato capodanno il 3 gennaio, risvegliandomi il 4 con un’ematoma in fronte e un labbro nero. Naturalmente non mi ricordo niente di quella sera, se non che non sarebbe dovuta andare così. Sarebbe dovuta essere una cena tra amici, gli amici quelli giusti per trasformarla in un capodanno intendiamoci, ma pur sempre una normalissima cena.
Vuoto.
Non so che altro dire a riguardo.
Non mi ricordo.
Sicuramente abbiamo cantato, questo sì, è lì impresso nella mia memoria.
Poi il dolore della mia faccia a contatto con l’asfalto. Un dolore inaspettato. Ne sono certo: non mi aspettavo che quell’impatto sarebbe stato così forte. Allora un attimo per realizzare, fatto: posso iniziare a ridere.
Vuoto.
Non so che altro dire a riguardo.
Non mi ricordo.
Il giorno dopo solo tanta tanta acqua e ancora una volta poche, troppe poche, ore di sonno.
Mi sveglio che è come se non mi fossi mai addormentato: devo andare a lavoro.
Cristo.
*ah, la foto dell’articolo? Stamattina mi sono svegliato in una casa non mia… Gennaio porta bene. Era successo più o meno lo stesso anche lo scorso anno.
Penso che qualcosa di questa notte me la ricorderò, anche se di nuovo poche, troppe poche ore di sonno.
Devo andare a lavoro.
Cristo.
Ci sarei stato ancora un po’ in quella casa non mia.