Il ritorno a Torino si porta dietro una serie crescente di indecisioni e mentre provo a stento a sbrigliare la matassa, ne accentuo l’intreccio colmandolo di distrazioni.
Un’improvvisa voglia di piangere ha tradotto un’invadente agitazione in un abbraccio.
Ho scelto la mia famiglia.
Ho scelto di accarezzare le mani morbide di lei.
Verso Tivoli
La prima volta che mi metto a scrivere lo faccio perché sono triste: “ho paura di non saper stare con le persone”, penso.
Sono seduto sulla terrazza dell’Eden di Tivoli, un’insospettabile luogo entro il quale rifugiarmi. Tivoli è stato l’inizio e, a questo punto direi anche la fine di quest’estate italiana.
davanti a me il tramonto sembra avere fretta e io, distratto, ciondolo tra la carta e il cielo
Ho appena parlato con Roxy dei muri enormi che abbiamo costruito in questi giorni. Ne esco ferito e col solito dubbio: che sia lo stare da solo l’unica alternativa valida al mio non saper stare con la gente.
uno sciame di insetti danza su un pezzo di nuvola, tra me e Roma
L’inizio è burrascoso: un viaggio in Puglia tra Barletta, Taranto e il Salento. Un viaggio in Puglia a Barletta con Roxy, a Taranto con Roxy e nel Salento con un variopinto gruppo di amici e amiche; destinazione: la Notte della Taranta.
una goccia di Campari è caduta sulla metà esatta del foglio. Mi costringo ad alzare lo sguardo: ha lo stesso colore del cielo.
Torino – Prato, e sono già in ritardo: un passeggero BlablaCar ignora il potenziale dell’estate riscoprendo una metro in ferie dall’afa torinese di agosto.
A Prato incontro Sofia ed improvvisamente mi rendo conto di essere NON nel posto, NON nel momento, ma con la persona giusta. La sua energia si innesca con la mia e tutto a un tratto mi ritrovo in grado di parlare.
Lei mi ascolta.
Io imparo a raccontarmi e lei mi ascolta.
anche la porzione più piccola del sole sta per tramontare e lo fa sicura, senza voltarsi indietro.
è già notte.
c’è ancora luce.
“se non ci credi, perché ti impegni?”, la risposta spiazzante ad un suo stesso passo fondamentale: il ritorno a Firenze.
Già, se non ci credi perché ti iscrivi all’università? Perché lavori dal greco? Perché saluti ancora timidamente tua madre? Che senso ha farlo, se non ci credi?
Strappo la tovaglietta della tavola calda più simpatica di Prato e scrivo: ho bisogno di ricordare.
Da Prato a Vaiano è il tempo di una strada sbagliata, poi un fiume e Anna che spunta dal bosco: “avevo bisogno di ricentrarmi un po’”, mentre con i piedi nell’acqua ci spiegava, a me e Sofia, come fosse finita in quel paesotto sperduto.
Roma però era ancora lontana e il pensiero che avessi la porta aperta di alcune fantastiche amicizie mi diede la forza per abbracciare con l’augurio del solito a presto.
seppur senza sole, le nuvole aspettano il bis.
Una notte a Roma non ne vale cinque a Tivoli.
La magia di un posto lontano si mantiene salda nei segreti dei suoi vicoli e mentre mi si rompe la macchina riscopro l’amore di una comunità di persone attenta all’avvicendarsi del mondo col mondo, e del mondo con loro.
“Quando cambi il tuo rapporto coi soldi, cambi il tuo rapporto col mondo.”, mi raccontava Giordano mentre il ritardo del carroattrezzi ci regalava il giusto pretesto per conoscerci.
La sera prima eravamo tutti a Licenza a veder suonare i Jassies e quando la notte aveva finalmente trasmesso la prima delle cadenti di San Lorenzo, alcuni di noi si erano sparpagliati tra le proprie necessità. Abbandonato il gruppone guidavo verso Roma con gli occhi stanchi e Dumi al mio fianco a fantasticare sui locali della Tuscolana.
Agosto è un posto silenzioso e i locali ne seguono il battito.
Tutto chiuso, un pizzino e poi a casa.
La domenica successiva chiudo subito delle questioni aperte fatte di carne, sudori e ambiguità, prima di rimettermi su quella stessa macchina e ripercorrere quella stessa strada: Licenza pt.2.
Da lì, altra gente, tutta bella, tutta entusiasta e Giordano che si ricorda di dover ritirare dei soldi a Civitella.
Mi offro volontario dimenticandomi che un attimo prima avevo detto ad Marylin che “tra loro” era quello che avevo conosciuto meno…
Pochi chilometri, poi una scritta:
Motore guasto. Veicolo da riparare.
Incastro la macchina ai bordi di un innocente tornante e una panchina gigante offre a me Giordano una serie infinità di possibilità. Optammo per la bellezza, così seduti, iniziammo a conoscerci.