“Di tutto questo periodo di “ritorno alla spiritualità”, c’è una cosa che mi manca tantissimo: mi manca piangere.”, rispondo con una nota vocale ad un messaggi di Giulio.
Sono in macchina, di ritorno dai 60 anni di babbo e i 30 di mia sorella.
Ero convinto che sarebbe stata questa l’occasione per lasciarsi andare alle lacrime: me l’aveva detto il corpo, quando la mattina, al termine di un’estremamente gratificante seduta di workout, si era fatto sensibile, di quella sensibilità tipica di chi vive coi sensi accesi.
Invece niente: giusto gli occhi lucidi al momento dei regali.
Normale amministrazione.
“Sento gli occhi frizzanti: come quando ti emozioni ma “non esce niente”. Ed è lì eh, è lì. Mi basta ascoltare una canzone, osservare un albero, vedere giocare dei bambini… mi basta un niente che sento i muscoletti degli zigomi contrarsi. Ma poi niente. Frizza tutto e d’improvviso svanisce.”
E mentre aspetto una risposta maledico i chilometri che ci tengono così lontani, nello spazio e nel tempo.
Un opaco silenzio mi isola dal mondo
Ho appena perso il doppio a ping pong: soffro ancora il giudizio degli altri.
Mi appoggio alla colonna mentre attorno a me la leggerezza della pausa pranzo si manifesta in una smisurata moltitudine di cazzate.
Prendo il telefono e accendo internet nella speranza che un messaggio mi svolti una giornata nata pesante.
Di messaggi, pochi, la cui maggior parte di lavoro.
Così apro Instagram: alla noia e all’eccesso di stimoli si risponde sempre con un tentativo di fuga.
Le stories mi ingarbugliano in un bolla ovattata dal tempo, fino quando una mi buca il petto, restituendomi l’insostenibile pesantezza della realtà.
Brucia un uomo tra le tende di Gaza.
Un opaco silenzio mi isola dal mondo. Mi sento di scappare.
Prendo lo zaino e, mentre attorno sento i rumori fermarsi a qualche metro dal mio corpo, mi dirigo con lo sguardo fisso in cortile.
Adesso, che cosa?
Cos’altro dopo questa morte?
Divento muto. Da solo. Svuotato.
Mi rimane il respiro e la vista di una normale quotidianità, la quale si scontra con l’assurdo di una miriade di contemporanee esistenze.
Che cazzo ci faccio qui?
E provo a cercare conforto nella lettura.
…
Nessuna riga ha senso.