MA I LESTRIGONI E I CICLOPI

by | Jun 17, 2025 | Giugno 2025

“Non vediamoci. Vorrei fare l’amore con te, ma tu non lo sai, e a me fare l’amore fa ancora un po’ paura.”

Le avrei voluto scrivere queste parole prima di ritornare a casa. Ma mi mancava il coraggio, e così ho deciso di lasciarle qua, nella speranza che arrivino dove devono arrivare. Magari a lei, o chissà, magari da nessuna parte.

13 a tavola, a very normal guy

Esordiva così a very normal guy.
Con il bisogno e la paura di vivere un amore.
Quella lei che tutt’oggi, quasi sicuramente, queste righe non le ha mai lette.
E che non sa, non può sapere, di essere stata una destinataria mancata della fine di un viaggio.

Ma i Lestrigoni e i Ciclopi,
e la furia di Nettuno,
non temere […]
Devi augurarti che la strada sia lunga […]

scriveva Kavafis nella sua Itaca
… ma quando, come risultato del troppo caldo, delle sigarette sbagliate del lunedì e di un inaspettatamente buono rifermentato in bottiglia, lei aveva detto: “se vuoi posso dormire con te stanotte”, io ho pensato al tutto.

TAVOLETTA DEL CESSO ALZATA

A programmarlo non l’avermmo mai fatto.
Se Elia, un giovedì qualunque, mi avesse chiesto “Ei, domenica andiamo al fiume?”, probabilmente avrei risposto: “Ci sta! Aggiorniamoci che devo vedere come mi sveglio, visto che sabato vado a ballare.”
E così lui si sarebbe sentito legittimato nell’organizzarsi per i cazzi suoi, ed io nell’affondare le radici nell’inconsistenza.

Se oggi io, Mafi, Roberta ed Elia, oggi che è sempre domenica, sempre il giorno dopo il sabato in cui vado a ballare.
Se oggi siamo tutti e 4 qui, sulla riva di un fiume, allora lo dobbiamo all’incontrollabile fiducia nel presente, e alla pigrizia di un futuro incappato troppe volte nei compromessi delle rinunce.

Alle 6:00 del mattino era già giorno: io ho chiuso le tapparelle e sono andato a dormire.
Alle 11:30 il primo occhio.
Alle 11:52 il secondo.
Ok, mi arrendo e sull’amaca della tecnlogia mi faccio cullare per altri 10 minuti tra bombardamenti in Medio Oriente e il totonome su, futuro Commissario Tecnico della nazionale.
Per fortuna a leggere sono più lento e mi ci è voluta almeno mezz’oretta prima di iniziare a stufarmi di Kurt O’Reilly e della sua incolpevole buona sorte.
Poi la prima acqua, la prima cacca, un caffè e l’apprendimento del metodo come mio nuovo, e unico, coinquilino nel mini-monolocale nel quale mi sono appena trasferito.
Divano-letto e tavolo pieghevole non si amano, così se apro uno devo chiudere l’altro, e così via tra le innumerevoli combinazioni dei miei miseri forse 30m².
Fatta pace con la logistica mi rimetto i panni sporchi della wave di musica elettronica di qualche ora fa (canotta da bagnino e pantaloni della Sampdoria), e già stanco, vado a correre.
È strano quando la mia mattina coincide con il pomeriggio degli altri: io ancora schiavo dei buoni propositi di giornata e il mondo già arresosi alla pennichella post prandiale.
Corro bene da perdonarmi dell’essere un fumatore, e tra la mescolanza dei sudori del ballo e quelli della corsa, entro al PAM con l’intenzione di farcire il frigo di Piani B. Una baguette, una ricotta, pomodorini picadilly, latte di vacca e mezze maniche Rummo in offerta a 0,75€: meno di 5€ di soluzioni rapide e beatitudini gastrointestinali.

Mentre torno a casa dico a Rob che, se le va, potremmo pranzare insieme, ma una giornata senza orari è una giornata che affida alla casualità le mattanze del proprio successo, e così fu che il mio essere sveglio non coincise col suo essersi rimessa a dormire.
Così una doccia, le notizie sulla reazione dell’Iran e un’insalata aprono e chiudono le parentesi del mio pranzo domenicale.
Con l’intenzione di pulire tutta casa (compito agevolato dalle sue dimensioni assai modeste), tiro sù la tavoletta del cesso per donarle freschezza e lucentezza.

“Che fai oggi?”, si illumina lo schermo del telefono mentre suonava Palco di Gilberto Gil.
Non esito, e colgo al volo l’occasione di stare in scia con i miei tanto ambiti 20 anni: “No plans, perchè?”, rispondo ad Elia mentendo ad entrambi.
“Andiamo al fiume? Ho bisogno di acqua?”, immaginandomelo affogato nell’afa del cemento urbano.

“Noi andiamo al parco, vieni?”, intanto Roberta, infilatasi di soppiatto nel mio tentativo di evasione.

Lascio la tavoletta del cesso alzata.
Riempio lo zaino di oggetti potenzialmente utili all’acqua, al sole, alle nuove amicizie, e do’ appuntamento a tutt tra mezz’ora.
Non di più.
Troppo altrimenti il margine per dare al presente il tempo di farci un altro, inaspettato, regalo.

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