ORGANICO

por | Oct 17, 2025 | Ottobre 2025

“Che ti ridi?”, domando ad A., col volto mezzo sepolto dal cuscino.
A. sbuffa, nitrisce, sgranchisce la bocca: “riflettevo sull’evoluzione del nostro rapporto, ma ci pensi?”
Distolgo lo sguardo da quell’inquadratura metà-volto/metà-federa, mentre deformo impotente le labbra in un sorriso.
Chiamali “tempi teatrali”, chiamali “tempi comici”, chiamali “tempi di ressa, SBANG, battaglia di pensieri che si sovrappongono alla ricerca di una vitale boccata di ossigeno” : fatto sta che a quella domanda non scaturiva risposta.
“Beh?”, A. audacemente incurante, spronandomi come cavallo indomito.
Sbrandello le mani per aria, pensandomi maestro d’orchestra: “C’è una parola ricorrente, che mi/ti, che risponde all’osservazione di quest’evoluzione: è organico. Mi sembra tutto così organico.”
A. non parla.
Io gesticolo il silenzio.
Fino a riempirlo di nuovo: “È come se… non lo so, non mi vengono altre parole per descriverlo. Forse potrei dire “naturale”, ma mi sembra che presupponga una sorta di percorso già segnato. Organico invece è tutto. Organico è la radice, la spina e il fiore. Organico non è la linea vertiginosa dell’innamoramento, ma il groviglio fitto fitto della matassa. Sono riuscito a spiegarmi?”, col dubbio messo al mondo dal corrugarsi delle sopracciglia.
A. mi offre il suo profilo cercando, nei disegni delle mani, la risposta.
“Sì”, azzarda senza inutili merletti.
“Organico.”, come un amen al termine della messa.

COME SEI BELLO CHICCO

La palabra “orgànico” viene del latìn organicus y significa “que puede vivir, que se construye de manera natural”.
(La parola “organico” deriva dal latino organicus e significa “che vive, che si sviluppa naturalmente”).

etimologias.dechile.net

Così me la sono andata a cercare sta parola, orfana, ai miei occhi, di sinonimi e significati.
Me la sono andata a cercare mentre organicamente stavo assumendo sempre più la forma della mia sedia in ufficio. Fredda, dritta, nera, senza lo stimolo del volo e lo scricchiolio dell’età. Una sedia così dannatamente ospitale da apparire scontata. Eppure io, su quella sedia, stavo iniziando a piantare radici: nel fertile tepore d’una stanza d’ufficio stavo cominciando la mia trasformazione in pianta. Ero organico nel mio essere parte del sistema. Di un sistema che non amo, all’interno del quale non mi riconosco. L’ufficio. Le mail. Le pause pranzo. I muri bianchi. Lo sport al mattino presto e le borse della North Face. Bleah, che schifo. Ma nonostante tutto organico. Disossato all’inverosimile da ogni istintiva velleità di fuga, e contemporaneamente sbranato dal sangue della voracità distruttiva. Io sto. E tra una mail e un’altra scrivo distratto dalle call dei miei colleghi.
Ma come fanno ad avere sempre da fare?, mi chiedo, implorando me stesso di non scivolare sui succhi gastrici dei sensi di colpa. Non mi rispondo: in fondo non mi interessa.
Ho dei ricordi da portare avanti: ad ognuno le sue priorità.

Uscire il venerdì sera è un’opinione diffusa, prima ancora che un gesto.
Starsene a casa, lontano dai fumi, lontano dall’alcool, lontano dalle parole di una forsennata socialità, è una magia che va preservata, senza la smania del successo.
Perché la cosa più bella del venerdì sera, ho scoperto essere il sabato mattina: un inchino alle fantasie più allettanti.
Sveglia spontanea, presto il giusto per poter essere apprezzata.
Datteri in numero 2: energia a rapido rilascio.
Abbigliamento approssimativo per le nuove mattine d’autunno e di corsa al parco prima che si popoli di marmocchi rampicanti.
Il premio sarà una focaccia calda e unta del mio forno nel podio dei forni.
Poi doccia e un’insolita voglia di vestirsi elegante. Anzi no, di essere Elegante.
Dall’armadio un pantalone nero, una t-shirt nera e un istrionico gilet. Mi fermo subito: osa Jacopo, hai detto Elegante, ed Elegante sia. Ritento: pantalone blu d’abito, camicia celeste, e immancabile foulard rosso rubato dall’armadio di nonna.
“Questa sarà la stagione dei foulard!”, non ho mai smesso di ripetere a chiunque incontrasse accidentalmente il mio pavoneggiante narcisismo.
Vestito così non potevo che andare al mercato.
Ma dopo un paio di isolati e cambio idea: vespa e casa dei miei. C’è mia nonna ad aspettarmi per fare i gnocchi.
Monto in sella e mi sento Mastroianni. Nella mia cellula di mondo c’ero solo io, il sole, la vespa e il friccicorio del motore. Il resto comparsa di una delle pellicole meglio riuscite della mia fantasia. Basta poco per essere bambini.
Arrivo a casa e la vedo lì seduta a tavola, spalle alla finestra e la sua sfilza di domande in canna: “Come sei bello chicco, chissà quante ragazze che hai? Quando mi presenti la tua ragazza? Ma adesso ti fermi un po’ qui? Fortunata chi ti sposa. Bello chicco, quand’è che mi presenti la tua ragazza?”, un loop ininterrotto che i medici chiamano demenza senile, e che io, più semplicemente, chiamo nonna.
Ci gioco.
Le rispondo vagamente: “Ehhh, ne ho troppe di ragazze…”
Poi cambio idea. Le dico una piccola bugia: “Si chiama Anita”
Poi ci ripenso: “E se fosse un ragazzo?”
Ma la nonna fa la nonna e continua a superare le risposte con le domande.
“Come sei bello chicco. Quando mi presenti la tua ragazza?”
“O un ragazzo, magari è un ragazzo.”, mentre felice osservo mia mamma ascoltare con tatto.
“Non mi dire che sei gay”, abbocca la nonna, “sarebbe una delusione grandissima.”
“Perché?”, e rido di una risata piena d’amore.
“Perché sì.”, sentenzia lei, senza repliche.
Mi siedo e mi rimetto a fare i gnocchi.
“Che musica ti piace?”, le chiedo aspettandomi Battisti.
“Aaaah”, e già era felice, “a me piacciono tanto Gino Latilla e Claudio Villa.”
“Chi?”, io e mia madre in coro.
“Claudio Villa”, nonna con le spalle al muro.
“Sì lui sì, ma l’altro chi è?”
“E chi è?”, colpita di nuovo da quella macchietta d’anzianità.
“Gino Latilla”
“Ah sì, come mi piace.”
Lo cerco su Spotify, e scusandomi con Battisti, la faccio partire.
Nonna canta.
Io canto.
Mamma canta.
Poi nonna e mamma ballano.
Io faccio i gnocchi.
E quando nonna si siede: “Allora quando mi presenti la tua ragazza?”

leer también

LA FIGA E IL PALLONE

LA FIGA E IL PALLONE

"Ei Ja. Manca solo più un mese al tuo compleanno. Questo è il tuo ultimo mese da 20enne."Che se il mio fiato avesse potuto parlare l'avrebbe subito interrotto con un affannoso susseguirsi di battiti e respiri. "Cazzo.", toccandomi il petto, abbracciandomi le...

leer más
NON POSSEGGO

NON POSSEGGO

"Perché l'energia non stava nel non essere più dipendente", Silvio mezzo ubriaco ad un me fuso a tre quarti, "la forza stava nell'accorgersi che non avevo bisogno di niente. Non ero riposato perché non mi sballavo più. Ero riposato perché mi sentivo forte... così...

leer más
ALMENO QUI

ALMENO QUI

"Como zanahorias para no fumar. En plan...", Lucas, da Valencia, e da una porzione di un qualsiasi abbraccio dato/ricevuto, "...porque es como si fuera una acción contraria al hecho de fumar." Mangio carote per non fumare, ascolto, osservando l'angolo smussato della...

leer más
es_ESSpanish