ME LA RIPASSA

par | Oct 2, 2025 | Ottobre 2025

Albivagare, Giullando, Loopolisi, Shrekking…

“Qual è la tua parola?”, mi chiede A., il Gulliver del Parco del Valentino.
“La mia parola?”, penso, meditabondo, al concetto che personifico, ottenendo in cambio quello che ho paura di essere.
“Sì dai, cos’è che fai che racconta ciò che sei?”
“Aaaah. Mi sta venendo mal di testa, non mi far pensare.”, giù cucinato da quell’inaspettata zanchetta.

Gliela passo.
Me la ripassa.
Condensa tra i polmoni.
Gliela restituisco.

“Il concetto di autogol!”, rimugino con la pancia a terra.
“Che?”, A. con la testa fuori dalla tana del bianconiglio.
“Sì, non ti capita mai di fare autogol? Quando, più o meno sai quello che vuoi, ma fai altro. Tipo come quando esco dall’ufficio, che so che ho bisogno di riposare, cucinare il pranzo per il giorno dopo, sistemare casa… e invece scrivo a chiunque nella speranza di un aperitivo pirata sulla strada.”
“Vabbè ma quello per me è tutto contenuto all’interno del concetto di albivagare.”
“Giusto. Non mi piace autogol.”

Due corpi, e due biciclette, sdraiati sul prato.

“Dio bono che freddo. Ci spostiamo?”

LA PRESENZA

“Maurì embè?”, imbucatomi nella sua macchina alla ricerca di parcheggio.
“Oh e tu? Ah, io un’ora e mezza e me ne torno a casa eh”, lui convinto che lo stessi davvero a sentire.
“C’ho una rabbia Maurì, Dio bono!”, gettando lo sguardo fuori dal finestrino.
“E dì! Parla sù!”
“Due cose Maurì! C’ho due cose che mi stanno destabilizzando in sto periodo”, prendendo in prestito la parola destabilizzando dal suo più grande usufruitore: La Julienne. “Da dove parto?”
“Da dove vuoi Jacopì!”, empatia questa sconosciuta.
“Allora parto da sta roba, che è un po’ il tema delle ultime settimane: Maurì non siamo più capaci a vivere!”
“Ah mò lo scopri?”, cinico, ora ti riconosco.
“No ma aspè Maurì. Dico: non siamo più capaci ad organizzarci, a prendere un impegno; non siamo più capaci a dire “sì, ci sono!” È tutto un non lo so, non so come mi sentirò, non so cosa faccio stasera figurati la prossima settimana… è tutto un delegare al caos, al caso, alla fomo, alla paura di rinunciare a qualcosa e alla brama che qualcosa di imperdibile accada. Capisci cosa intendo? Eh ci sto dentro pur’io eh. Ci sto lavorando, ma pure io mi ci metto dentro.”
“Eh sì Jacopì. Ti capisco, è così. Però è pure vero che di cose ne abbiamo fatte eh. Cioè, forse se le avessimo organizzate non sarebbero successe. Questo dico. E poi ognuno c’ha i suoi periodi: mò che sto facendo le notti, per me, organizzare qualcosa diventa complicato… anche perché non so se di giorno sono morto, o c’ho l’energia di vedere persone.”
“No vabbè, ma ci sta Maurì. Quello che dico è che valgono entrambi: vale l’estemporaneità, anzi viva la roba acchittata all’ultimo, ma bella pure per le cose pianificate. L’uno non esclude l’altro. Poi boh… sarò io che sto cambiando, ma sto maturando un nuovo bisogno: la presenza Maurì. Pure coi messaggi: c’ho amici con i quali ci rispondiamo dopo settimane… tutti sotto la bandiera dell’as you feel. Diamine! Ero sulla prima nave battente as you feel! Ma ora non mi va più. Anche perché magari il mio feel non coincide col tuo, e quindi? Quando ci si becca? Mai! Maurì, vorrei più presenza. Anche solo nell’esserci e dire: “guarda in questo momento non posso.” È comunque segno di presenza no? Oppure con le uscite: prendersi l’impegno di organizzare, anche se si parla di un giorno della prossima settimana. Io vorrei vederti. Io ti manifesto il mio piacere nel vederti. E faccio fatica a comprendere il non lo so. Poi tra amici Maurì? Manco ti stessi chiedendo di andare a spalare merda. Sono un amico tuo che ti dice “ci vediamo?”. Bo, bella no? E sto parlando in generale eh. Sto parlando di te. Di me. Di La Julienne. Di tutte cose. È solo una roba che sto iniziando a notare, e che mi triggera un po’.”
“Oh, beh, bella Jacopì. Che ti devo dire, ci sta. E ci sta pure che lo fai notare. Io, da parte mia, ti chiedo scusa se sono stato un po’ assente; e l’ho mezzo capito l’altra volta, quando mi hai detto che c’eri rimasto un male nel vedermi in giro in sansa. “
“Eh sì. Lo voglio comunicare questo mio bisogno. È l’unica cosa che posso fare.”
“Oh ma dove andiamo?”
“Ha aperto una nuova enoteca in sansa. Vineria Popolare si chiama. La proviamo?”
“Daje.”
“Daje.”
“Oh ma l’altra cosa?”, Maurino che, quando si tratta di memoria, è ingiocabile.
“L’altra cosa…”, prendo tempo, “l’altra cosa è il cuore Maurì.”, SDAGADAN!
“Mbè?”
“Aspè, che beviamo?”
“Fai tu.”
“Faccio io.”

Il grignolino alla spina è l’ennesima riprova della prepotenza umana sulla natura.
Le 5 del mattino quella della prepotenza degli istinti sulla ragione.

“Dormi qua Maurì!”, vedendo la nebbia attorno ai miei, e ai suoi occhi.
“Sì, ma che cazzo!”, Maurino ripensando a quell’ora e mezza passata a sprecare buoni propositi.
Apro il letto.
Fumo.
Maurino si lava i denti.
Io lo seguo, subito dopo.
“Qual è il tuo lato?”, mi fa lui, prima di coricarsi.
“Sempre a sinistra Maurì”
E dopo aver spento tutto, dopo aver detto tutto, dopo aver bevuto tutto: “Uè, abbracciami se vuoi”, scadagliato dai bisogni di affezione che fanno di un bambino un figlio.

E per la prima volta ho dormito abbracciato ad un amico, maschio.
ABBRACCIATO AD UN AMICO,
MASCHIO.


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